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  • Idee per il nido

Come fotografare i bambini al nido

In questo articolo mettiamo a fuoco le tre principali domande che un educatore o un’educatrice deve porsi quando si accinge a fotografare i bambini per documentare la loro vita al nido.

 

Per cogliere, scattare e selezionare un’immagine, è utile infatti avere chiara la risposta a queste domande, altrimenti il rischio è di fotografare un po’ a caso, accumulando immense quantità di immagini che non sapremmo poi come utilizzare. Focalizzare un obiettivo documentale, invece, serve a rendere il lavoro efficace, la visione chiara e il tempo di archiviazione ridotto.

Sullo stesso tema puoi leggere anche l’articolo Le immagini parlano: la fotografia al nido.

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Cosa vogliamo far emergere?

Vogliamo mostrare la relazione tra bambini? L’interazione nel gioco? La cura tra bambini o da parte dell’adulto? La cura del bambino per le bambole, le piante o gli animali? Un’emozione specifica? L’autonomia? Il modo in cui come adulti ci occupiamo di alcune situazioni che accadono al nido? L’esperienza in sé che ha coinvolto l’intero gruppo? La crescita di un bambino? Il setting iniziale? Il risultato finale? Un racconto di più esperienze correlate tra loro a formare una storia di apprendimento?

Le domande possono essere infinite e noi ne sceglieremo una sola alla volta. “La fotografia è sempre un escludere il resto del mondo per farne vedere un pezzettino”.
Luigi Ghirri, Lezioni di fotografia.

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Perché stiamo fotografando?

Un focus più ampio o più stretto ci serve ad avere un progetto, la visione di un percorso documentale che ci aiuti nel tempo a comporre un puzzle della concretizzazione di un progetto educativo. Sapere perché stiamo facendo delle fotografie ci aiuta anche a centrare maggiormente l’inquadratura, la luce e lo sfondo.

Ad esempio:

  • se stiamo fotografando per documentare una progettazione educativa, potremmo decidere di fare foto di gruppo, di coppia e individuali, del setting, dei materiali e di particolari;
  • se vogliamo fare delle fotografie per una rivista, un libro, una pubblicazione ci accerteremo di non coinvolgere bambini i cui genitori non hanno dato il consenso per la privacy; sarà inoltre utile fare delle fotografie di particolari, in cui non si vedono i visi dei bambini ma la loro azione emerge chiaramente, o delle sequenze, dove emerge l’evoluzione dell’azione del singolo in funzione dell’argomento che stiamo trattando.

Per chi stiamo fotografando?

Solitamente, noi fotografiamo per i genitori. È questo il nostro target principale. Il 99% delle immagini andranno a comporre diari, bacheche, broadcast, video di sezione, ecc. Sono loro che si emozioneranno, che immagineranno cosa c’è dietro lo scatto, che condivideranno o meno il nostro progetto o che proveranno a mettere in atto alcune strategie anche a casa. Quindi, quando scattiamo e selezioniamo un’immagine, ci chiediamo qual è il messaggio che pensiamo sia importante arrivi ai genitori. Questa idea sarà un po’ la nostra luce guida.

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Non solo. Per il fatto di essere così fortemente evocativa, la fotografia può essere uno strumento privilegiato per rappresentare idee: il suo potere sintetico e la sua immediatezza permettono di riassumere, concentrare, condensare. La fotografia, in quanto immagine statica, possiede notevoli potenzialità nell’indurre alla riflessione e questa dimensione suscita tutta una serie di possibilità in ambito educativo. Quando ci incontriamo come Gruppi di Lavoro per riflettere sulle situazioni educative al fine di comprenderle meglio e di attivarci per migliorarle, arricchirle o farle evolvere, utilizziamo anche la fotografia documentale e ognuna delle persone presenti prova a guardare oltre lo specchio, evocando così non solo il significato di quell’attimo nel flusso di crescita dei bambini, non solo il lavoro e il pensiero dell’educatrice che ha fatto lo scatto, ma anche le proprie conoscenze, il proprio punto di vista, ciò che risuona in lei, frutto delle sue esperienze e della sua storia.

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