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La cura delle parole e le parole come cura

 

Dal seminario con la filosofa della narrazione Irene Monge: un percorso di riflessione sul potere delle parole.

Usare le parole adatte e saper riflettere su cosa significano, su quali conseguenze comportano, sulle connotazioni implicite per chi parla e per chi ascolta, è una pratica difficile da coltivare. È in questa cura però che risiede la libertà e la responsabilità di ciascuno.

 

 

Non c’è sapere universale, né conoscenza definitiva. Solo raccontando e raccontandosi è possibile dare senso
e significato al proprio agire, ordine e coerenza agli eventi della quotidianità; investigare i lati oscuri; indicare nuove possibilità, continuando a definire la propria identità. Sono sufficienti poche informazioni perché ciascuno inizi a tesserle insieme in una storia, mettendo in luce connessioni complesse tra ciò che pensa e ciò che è – valori e convinzioni.

L’esplorazione etimologica delle parole invita a re-interrogarne l’origine del senso per rimettere in movimento il pensiero.

L’origine etimologica della parola ecologia è οἶκος, oikos, “casa”, “dimora” o anche “ambiente”; e λόγος, logos, “studio”. Ethos è il posto da vivere attraverso le parole.

Diario Roncafort quadrato

Parole come vasi, parole come vestiti

L’uomo da sempre “abita con e nelle parole”.

Le parole sono allo stesso tempo vive e cose, oggetti. Parete e fondo, come una brocca a cui il vasaio dà forma, le permettono di stare in piedi, ma non corrispondono al suo contenuto. La brocca contiene il vuoto. Allo stesso modo, ogni parola può essere riempita o svuotata per essere colta nel proprio orizzonte di senso. È inoltre quella cosa che si indossa ogni giorno, che muta con chi la usa e trae vita a partire dalle narrazioni dell’ambiente in cui si abita. Le parole sono maglie che compongono le storie e tengono unite comunità e generazioni. Rappresentano il tessuto, la trama e l’ordito dai quali prende forma la memoria, l’anima di una collettività che si accresce e si tramanda.

Le parole nella comunità educante

Le parole che si usano in educazione meritano una riscoperta delle loro origini e trame nascoste. Famiglia, legami, vulnerabilità, sostegno, tutela, cambiamento, accompagnamento, autonomia, fiducia sono termini comunemente usati che necessitano sempre più di essere problematizzati, sfidati dagli educatori. Ogni parola presenta luci e ombre, svela un contenuto e il processo che lo sostiene, risveglia emozioni positive e negative.
Una comunità educante deve prendersi cura delle proprie teorie e parole sapendo di aver bisogno di altri linguaggi per non rimanere ingabbiata.

Esplorare in modo giocoso e irriverente il linguaggio professionale, attraverso la scrittura creativa e le tecniche espressive, consente di riconoscere quali e quanti luoghi comuni, vocaboli convenzionali si usano, per interrogarli, rivederli e costruire luoghi in comune aperti, generativi, provvisori.

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Esperienze pratiche: il potere delle storie nei servizi educativi

In un tempo di crisi qual è il nostro, servono luoghi formativi volti a potenziare la capacità di pensare e la crescita globale di ciascuno, dove poter sperimentare quella libertà e creatività che consente a ogni persona di mettere ordine e dare senso alle caotiche esperienze quotidiane. Prendersi cura degli altri è faticoso e ha bisogno di un lavoro di cura di sé.

Per questo è utile offrire momenti pratico formativi “pensati in termini di storie”, aree di sosta attrezzate per ripensare il senso del fare degli educatori, mettersi a una distanza riflessiva, rintracciare e comprendere significati, scopi e valori di ogni azione. La lettura e la condivisione di storie ha come obiettivo quello di prendersi cura dei professionisti dell’educazione, di creare terreno fertile per gettare semi di dialogo al fine di permettere a ciascuno di trovare risposte provvisorie, soluzione nuove e strategie adatte a sé, da mettere in campo con e per l’infanzia.
Gli educatori possono crescere con e nelle narrazioni, per analizzare la realtà e favorire considerazioni mai pensate prima. Le narrazioni lasciano tracce durature in ciascuno. Raccontare e raccontarsi, accompagnare con l’immaginazione le vicende narrate aiuta a vivere meglio, a condividere, a sorridere delle fatiche quotidiane, a creare legami per affrontare le difficoltà e favorire processi di cambiamento.

Le storie si presentano come stanze dalle infinite porte. Ciascuno può decidere di entrarvi, varcando la soglia di tutte o solo di alcune, scovando ciò che gli è più vicino, rifugiandosi quando la realtà diventa troppo opprimente, trovando nuovo nutrimento e scoprendo orizzonti inesplorati.

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Irene Monge

Docente di filosofia della narrazione Università degli Studi di Verona

Specializzata in medicina narrativa e biblioterapia, si occupa di pedagogia della lettura e di relazione di aiuto, oltre che di coordinamento e progettazione educativa per una cura rivolta a tutte le fasi evolutive della vita: infanzia, adulto, anziano. Gli studi, a partire dalla biblioterapia e dalla medicina narrativa, le hanno permesso di unire la pedagogia della lettura all’arte, alla scrittura creativa e alla narrazione filosofica, intesa come ricerca di senso e di storia.

filosofiadellanarrazione.it

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