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  • Cultura pedagogica

Diamo voce al suolo

 

Abbiamo invitato il prof. Paolo Pileri a raccontarci il suolo (la terra) perché è una risorsa troppo importante per il futuro dell’umanità e al contempo troppo nascosta e quindi poco conosciuta, valorizzata e tutelata.

Vogliamo colmare questa lacuna, per quanto è nelle nostre possibilità, raccontando ciò che abbiamo imparato da lui.

Perché è necessario raccontare la terra?

Le bambine e i bambini che frequentano oggi i nidi d’infanzia si trovano a vivere in un mondo in cui il suolo viene consumato velocemente, a loro spese future e senza che lo sappiano; allora conoscere il suolo e la sua influenza sul futuro dell’infanzia di oggi dovrebbe portarci a disvelare le cose che non si vedono e che nascondono la parte importante, divenendo più consapevoli delle scelte che facciamo come cittadini, come amministratori, come genitori.

Si tratta di decidere da che parte stiamo, di mobilitarci per la difesa del suolo a partire dalla conoscenza.

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Perché il suolo è importante?

I primi trenta centimetri di suolo sono il luogo più abitato della Terra: se su un unico albero convivono millecinquecento specie viventi, in un cucchiaino da caffè di terra ci sono nove miliardi di unità di vita, più di tutti gli abitanti della Terra. Sono soprattutto batteri e filini invisibili lunghi centinaia di metri, i funghi, esseri di cui non conosciamo l’esistenza e che non consideriamo mai nella nostra percezione dell’importanza del cerchio della vita.

Iniziamo con il dire che il suolo è un ecosistema e si può definire tale perché le relazioni tra gli esseri viventi che lo abitano sono più importanti degli esseri viventi stessi. Nell’ecosistema suolo, è racchiusa la maggior parte della biodiversità esistente sulla Terra.

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Interconnessioni

La vita che abita il suolo è dunque tutta una connessione tra esseri viventi di specie diverse tra loro. Ad esempio, nessuna pianta del bosco o filo d’erba potrebbe esistere senza i funghi micorrizici, perché le radici delle piante – non quelle visibili ma quelle microscopiche che sono sottoterra – non sono in grado da sole di assumere l’azoto e il fosforo fondamentali alla loro vita: non riescono a digerirli. Inoltre, il suolo contiene molta acqua che serve alle piante nelle sue porosità, che però sono molto più piccole delle radici e spesso anche molto più lontane, dove la radice non può arrivare.

Allora le piante hanno fatto un grande accordo simbiotico, da cui dovremmo prendere spunto anche noi umani, con i funghi che sottoterra, in filamenti molto ma molto più lunghi e molto più sottili delle radici, le affiancano permettendo loro di raggiungere l’acqua dove sono sciolti fosforo e azoto, e grazie a una speciale proteina e ai rizobatteri di cui sono provvisti, riescono a trasferirli alle piante.

E solo così la pianta riesce a nutrirsi. Anche il fosforo di cui sono fatte le nostre ossa e che assumiamo da legumi e vegetali, viene dai funghi micorrizici. Il suolo è quindi alla base della nostra alimentazione. Siamo tutti interconnessi e anche ciò che di invisibile succede agli altri esservi viventi ha un forte impatto su di noi, così come noi abbiamo un enorme impatto sugli altri esseri viventi.

Scambio, dono, comunità

Come in tutti i sistemi complessi, sappiamo che l’equilibrio viene sempre da uno scambio. E allora cosa dà la pianta in cambio ai funghi? I funghi sono fatti di carbonio ma, non facendo la fotosintesi clorofilliana, non possono ottenerlo dall’aria (dalla CO2 presente nell’aria). Le piante invece sì, fanno la fotosintesi e, grazie all’unione di carbonio, ossigeno (che prendono dall’aria) e idrogeno (che prendono dall’acqua grazie ai funghi) producono glucosio (C6H12O6), che serve a fare il legno, i frutti, le foglie. Una parte del carbonio, quella che rimane da questo processo inutilizzata dalla pianta, torna giù sottoterra e viene restituita ai funghi, garantendo loro la possibilità di vivere.

Uno scambio essenziale, senza il quale non potrebbe vivere né la pianta, né il fungo: da soli sono deboli, insieme sono forti.

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Regolazione del clima

Quanto è meravigliosa la circolarità della natura!

Il carbonio che torna giù dalla pianta e finisce sottoterra, nei primi trenta centimetri, rimane lì, intrappolato per migliaia di anni, impossibilitato ad unirsi all’ossigeno per diventare la famigerata anidride carbonica.

Questa capacità di trattenere il carbonio così a lungo rende il suolo il secondo più potente regolatore climatico, dopo gli oceani.

Il 70% dell’immobilizzazione della CO2 avviene nella terra. Ma noi non lo sappiamo, perché siamo abituati a occuparci di quello che vediamo.

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Perché tutelare le piante?

Una visione diffusa ci fa pensare che le piante sono importanti solo perché producono l’ossigeno che serve a noi esseri umani. È una visione antropocentrica, che ci mette sempre al centro perché alla fine quelli importanti siamo noi e le piante sono al nostro servizio.

L’ecologia profonda ci dice invece “Io tutelo le piante perché sono piante”, non perché producono ossigeno per noi esseri umani, ma come parti di una totalità che ci comprende e fonda il nostro sé ecologico – che costituisce la radice stessa della realtà in cui viviamo (Arne Naes, Siamo l’aria che respiriamo. Saggi di ecologia profonda).

Cambiamo allora il nostro sguardo, da una visione antropocentrica a una ecocentrica, esponendo bambine e bambini nei servizi educativi alla conoscenza della tridimensionalità del suolo, alla sua stratificazione, alle diversità dei suoli in base a dove di trova e a cosa c’è sopra.

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Una risorsa non rinnovabile

I dati ci dicono che ogni anno perdiamo 24 miliardi di tonnellate di suolo per l’erosione dell’acqua e dell’aria. Se separiamo l’ecosistema suolo dall’ecosistema bosco, cementificando o asfaltando, stiamo togliendo le relazioni che permettono la vita dell’ecosistema bosco e anche quella dell’ecosistema suolo, perché sotto l’asfalto il suolo muore.

Ogni anno in Italia asfaltiamo 7.000 ettari di suolo e, se ci vogliono 2000 anni per ricreare 10 cm di suolo, possiamo dire che non è rinnovabile in tempi utili.

Una volta distrutto, il suolo non torna abbastanza velocemente alla sua forma originaria per poterlo considerare rinnovabile.

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Stimolare le comunità e influire sulle politiche

Il suolo non ha voce, non può farsi sentire né vedere da chi ha il potere decisionale. Ma cittadini, attraverso l’impegno civile, possono influire sulle Amministrazioni comunali che decidono, per la maggior parte, il destino dei suoli di loro competenza.

Crescere nuovi cittadini consapevoli, svelare loro i delicati equilibri che regolano suolo, piante, clima e la nostra possibilità di vivere è una nostra responsabilità. 

Può essere utile, ad esempio, sapere che un suolo urbanizzato assorbe solo 15 gocce di pioggia su 100 e che solo la metà di queste viene trattenuta. Tutto il resto, quando piove, scorre sulle strade, verso le case, invade violentemente, comporta rischi grandi e grandi spese per ripristinare ciò che viene distrutto.

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Paolo Pileri

L’autore della conferenza che ha ispirato questo articolo è professore ordinario di progettazione e pianificazione urbanistica al Politecnico di Milano
È consulente del Ministero per le infrastrutture e le Mobilità sostenibili, di tavoli tecnici, di progetti di viabilità e autore di oltre 400 pubblicazioni scientifiche.
Si è laureato in Ingegneria per la difesa del suolo e la pianificazione territoriale e questo ha indirizzato tutto il suo impegno, come scienziato, come divulgatore e come persona, verso la tutela del suolo.

Gli ultimi due libri:
L’intelligenza del suolo, Altreconomia, 2022
Dalla parte del suolo. L’ecosistema invisibile, Laterza 2024

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